Krista Vernoff rivela il motivo per cui ha abbandonato Streghe

Krista Vernoff è stata una showrunner della serie di culto Streghe, restando nel team fino alla quinta stagione. Infatti ha abbandonato il progetto prima del debutto della stagione successiva di Steghe, e di recente ha finalmente svelato il motivo dietro questa sua scelta. Il suo abbandono è stato dettato da una svolta nella trama che non è piaciuta alla showrunner.

A quasi due decadi di distanza, la showrunner Kirsta Vernoff, impegnata ora in progetti come Grey’s Anatomy e Station 19, ha parlato del suo addio a Streghe. L’autrice ha abbandonato il drama di Warner Bros nel 2004, per via di un arco narrativo che si stava sviluppando nella quinta stagione. In particolare si tratta del momento della storia in cui Phoebe, il personaggio di Alyssa Milano, si trasforma in una sirena. Questa scelta ha decretato la sua uscita dalla stagione in corso, ma anche da quelle successive. Krista Vernoff ha parlato ai microfoni di The Hollywood Reporter della sua scelta:

“Me ne sono andata perché Steghe è sempre stata una serie per il girl power, e a un certo punto c’è stato un episodio in cui Alyssa Milano prendeva le sembianze di una sirena. Qui c’è stata un’impennata di spettatori di sesso maschile. E per ogni episodio successivo, la domanda del network era sempre ‘Come possiamo rendere sempre più nude le ragazze questa settimana?'”

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Questa continua ricerca ha portato Krista Vernoff ad abbandonare Streghe prima del debutto della sesta stagione. L’autrice infatti ha dichiarato di aver voluto seguire la sua coscienza.

“Mi proponevano contratti con numeri che salivano sempre di più. C’era molta pressione. E tutto quello a cui potevo pensare era ‘Sto creando qualcosa che ora fa male al mondo, e ho già avuto abbastanza male nella mia vita’”.

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Per chiarire questo suo punto, Krista Vernoff ha poi voluto fare una precisazione su Twitter, spiegando: “Voglio chiarre qui, per i fan di Streghe e per i miei colleghi, che amo e e ammiro. Non penso che lo show fosse qualcosa di male per il mondo. Mi sentivo che le note di oggettificazione [del corpo delle attrici] fossero il male del mondo, e mi stavano demoralizzando”.

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