Non lo so, raga.
Non era previsto, vi dico la verità.
Ma il danicommento è così: non si programma, nasce da un’emozione furibonda.
Scopri di più sul mio nuovo romanzo: Se fosse una commedia romantica!Quindi bentornati in questo 2023 con il danicommento di Emily in Paris
Entra nel canale ufficiale WhatsApp di Daninseries Seguimi sul mio profilo ufficiale InstagramNo, non quella Emily, anche se la nostalgia è tanta. Mentre sto scrivendo, anzi, mi domando quanti di voi sappiano realmente chi sia la ragazza della foto e se siate a conoscenza che acchiappava più gnocca lei di Berlusconi ai tempi del Bunga Bunga.
Ah, bei tempi.
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Ma bando alle ciance: sono davvero felice di tornare a fare i danicommenti. Anche se sarà più breve, un Danicommento FLASH, proprio perché avrei in programma se riesco ma non prometto, di farne uno anche su Ginny and Georgia, e il tempo ultimamente scarseggia.
L’ultimo danicommento – un capolavoro peraltro – era stato quello delle Winx, dove vi avevo promesso una parte due ma ‘sti infami l’hanno cancellato e ci sono rimasto talmente male che ho deciso di scioperare e lasciarlo incompiuto come la serie stessa.
Con Emily in Paris non accadrà. Anche perché è già stato rinnovato per una quarta stagione.
Raga, sincero: non ci siamo molto
Ogni episodio dura appena 25-30 minuti, eppure mi è volata più la visione di tre ore e passa di Avatar al cinema. Ho più volte combattuto contro l’impellente bisogno di premere il tasto 2x di whatsapp per velocizzare. Decisamente meglio la seconda metà della stagione, perché tutta la prima parte era una mazzata in posti che è meglio non conoscere.
Ma andiamo nel dettaglio e partiamo da cosa non mi è piaciuto
Il Canta-Tu di Mindy
Io veramente pieno di questa gente che per contratto si fa inserire 3 minuti di canzone a episodio manco fossimo a The Voice Senior. Cantate a casa vostra, basta.
Irritatissimo da questa storyline inutile e riempitiva che ho saltato a piè pari con grande orgoglio. Seriamente, ogni volta che si metteva a cantare, mandavo avanti.
Dovete sapere che io un tempo non ero così. Un tempo ero una persona tenera
tollerante
che si scioglieva e anzi fremeva quando partivano dei momenti cantati in una serie TV. Poi è arrivato Riverdale, che mi ha piazzato Josie and The Pussycats prima e le serate karaoke di Veronica Lodge nel suo locale clandestino dopo.
Quindi, basta. Se volevo sentire gente cantare continuavo a vedere Julie And The Phantoms – cosa che avrei fatto se non mi avessero cancellato pure quella.
Netflix abbiamo decisamente un problema.
Continuiamo con
Camille
So che sarò impopolare perché una parte del twitter ama il suo personaggio e giustifica le sue azioni perché “i primi a sbagliare sono stati Emily e Gabriel e quindi chi se ne frega sorella sentiti libera di andare in Grecia a fare le zozzerie con la pseudo artista che tra un paio d’anni per rilanciare la sua carriera finirà al GF Vip di Signorini”
Ma no. No raga, no.
Per me Camille è la classica acqua cheta che rovina i ponti. Zitta zitta ha tirato su una sceneggiata di tradimenti culminata con tutta quella farsa del matrimonio con un monologo non richiesto dove ha accusato tutti fuorché se stessa.
E sia chiaro: non parteggio per Emily, un’altra che dovrebbe essere rimpatriata subito.
Rimandatela a Chicago e dateci lo spin off Kate Walsh incinta in Paris.
E passiamo quindi a un’altra che mi fa partire l’embolo:
Emily Cooper
All’inizio era adorabile. Un timido sorriso colorava il mio volto quando, dal suo turbante di Swarovski da cinquemila euro che in un mondo normale non potrebbe mai permettersi, tirava fuori un’idea apparentemente geniale ma tremendamente banale per salvare una qualsiasi campagna di marketing di un qualche improbabile cliente.
“Dobbiamo rilanciare l’immagine di un brand di fazzoletti”
Emily: perché non ci scattiamo un selfie coi fazzoletti mentre piangiamo davanti a un film romantico!
Quest’anno abbiamo raggiunto l’apice dopo che ha scoperto dell’esistenza del Bacardi e l’ha venduto ai genitori di Camille, plagiandone praticamente il marchio.
In più, vorrei aprire una parentesi sui suoi outfit. Se nei primi due anni EIP (che non è un medicinale contro la gastrite, ma l’acronimo di Emily in Paris) aveva fatto del glamour il suo punto di forza in questa, buona parte degli outfit erano pressoché improbabili, quasi caricaturali. Certo, io di moda non me ne intendo, ma non mi puoi vestire Lily Collins come l’evoluzione di un Aerodactyl e farmelo passare come alta couture.
o riempirla di stoffe a fantasie diverse riadattando gli abiti di Aria Montgomery in Pretty Little Liars.
Eppure la costumista è Patricia Field, un’artista che ha vestito personaggi del calibro di Gemma Galgani Sarah Jessica Parker, quindi l’unica spiegazione che mi do è che umilmente non ci capisco niente o che, così come la sceneggiatura, anche il lavoro al reparto costumi è stato tirato via.
Che poi il problema è anche che Emily non ha un proprio stile, si mette le prime cose che trova. Ma figlia mia non sei Carrie Bradshaw.
C’è un evento in aperta campagna? vestiamoci da cespuglio di viole
La Meloni ha firmato il decreto anti Rave? protestiamo vestendoci da Hippie anni 70
Devo andare al concerto di Wax? vestiamoci da maranza
Nel frattempo Netflix:
Dai voglio spezzare una lancia… Parliamo quindi dell’unica cosa che realmente funziona in Emily in Paris
1)
Fine.
E voi mi direte: e Gabriel?
Gabriel per me è un ni. Nel senso che nella prima stagione era un personaggio scritto bene, aveva carisma, era simpatico. Poi il declino.
Ai tempi di American Horror Story Coven si diceva “when a new Supreme rises, the old one fades away“. e l’arrivo di Alfie ha sicuramente contribuito a metterlo in ombra. Ed è stato lì l’errore più grande di scrittura a parer mio: Alfie è troppo perfetto.
Era stato inserito inizialmente per fare da terzo in comodo nella storia tra Emily e Gabriel, ma si è rivelato un personaggio migliore di quanto ci si immaginasse. Il pubblico ha iniziato prima a dividersi, poi a sbilanciarsi in gran parte verso Alfie: e non era previsto.
Emily e Gabriel saranno indubbiamente endgame, e se durante la prima stagione noi tutti avremmo amato vederli insieme, adesso nella nostra mente risuona il silenzio dell’indifferenza e il fastidio nei confronti di Emily per essersi fatta sfuggire Alfie.
Concludendo.
Emily in Paris era novità: ci deliziava con una scrittura fresca e delle storie leggere, riusciva a strapparci un sorriso per situazioni volutamente farsesche ma non ridicole. Adesso è l’opposto: è una storia già vista, la propria. La sensazione che ho avuto io è quella di un prodotto che cercando di rincorrere se stesso, di tornare ai tempi di una prima stagione, ma che non sembra volersi far prendere.
Se la prima stagione era ok, e la seconda uno studente che ha potenziale ma che non si impegna, questa terza ha purtroppo floppato.
Sperando in una quarta stagione più entusiasmante, se vi è piaciuto il danicommento e vorreste averne sempre di più, vi chiedo di dare una possibilità alla mia storia. Io non vi deluderò, possa Mindy cantare altre quindici canzoni!
Qui i link dei miei romanzi:
Alfiamente vostro,
Dani